mercoledì 6 luglio 2022

Diabolik (Anno LXI) n. 01-2022: la recensione

Le storie di Diabolik a tinte gialle sono le migliori poiché si basano su complicati rapporti tra i vari personaggi, spesso dell'alta società, che si lasciano ai più schifosi sentimenti. La storia dal titolo Il marchio dell'assassino di gennaio 2022 è uno di questi. Andrea Pasini e Tito Faraci (il secondo si è occupato dei testi come di consueto) hanno giocato con gli elementi base del giallo ma secondo me hanno svolto il compitino. Di livello i disegni di Enzo Facciolo e Stefano Santoro.

Ginko decide di seguire il consiglio del procuratore di prendersi una bella vacanza in una località remota vicina ad un lago per ricaricare le batterie. Intanto, nella località di Barlin la cronaca è sconvolta da una serie di omicidi che sembrano essere riconducibili ad un serial killer. Una delle vittime è anche uno dei bersagli che Diabolik aveva puntato. Così, decide di indagare sull'omicida e mettere le mani sui preziosi sottratti nella cassaforte della vittima dall'assassino. 

Per farlo utilizza l'assenza di Ginko per sostituirsi a lui e affiancare l'ispettore Walié incaricato di seguire le indagini. Ammetto di avere capito subito che dietro Ginko si nascondeva il volto di Diabolik, sia perché, ad un certo punto, Diabolik non si è più veduto e sia perché sarebbe stato improbabile che Pasini e Faraci dedicassero un intero volume al duro poliziotto. Le indagini partono dall'identikit del killer realizzato sulla testimonianza di un clochard che lo aveva visto.

Viene arrestato un tizio di nome Ivano Zamber, ma questi ha un alibi di ferro e viene rilasciato. Ginko/Diabolik non si arrende e così trova l'elemento chiave. Zamber era stato nel Syack nello stesso momento in cui vi era stato il figlio della vittima che voleva derubare all'inizio, Marcello Castel. Poi sono i due autori a rivelare tutto di soppiatto in chiave deludente: Zamber e Castel sono due sadici che si divertono ad ammazzare la gente. Diabolik li ammazzerà in pochi secondi. 

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