Talvolta gli autori dovendo compiacere gli editori applicando principi specifici, come quelli del woke in questo caso finiscono per prendersi gioco, forse involontariamente, degli stessi. E' quello che è accaduto in Black Adam n. 2 scritto da Christopher Priest con disegni di Rafa Sandoval. Black Adam è morente, dopo essere stato infettato da un virus in seguito ad un combattimento con un impostore di Darkseid nel primo numero di questa maxiserie molto pompata dai media.
La presa per in giro continua quando Malik colpito da quel costume tutto bianco esclama: sono vestito come uno spogliarellista maschio. Black Adam cerca di spiegargli logica e significato sia del costume che del suo nuovissimo nome di battaglia, che vuole simboleggiare il riscatto del suo nome dopo avere per anni portato avanti il simbolo della violenza. Ma Malik protesta e gli fa notare che questa cosa del "nero uguale mer#da e bianco uguale buono" è ormai sorpassata.
Malik non perde tempo in altre battute e usa i suoi nuovi poteri per teletrasportare Black Adam per fargli apprestare le cure necessarie tuttavia arriva tardi. Black Adam è morto e lui è il nuovo sovrano del Khandaq con un costume ridicolo che nel caso in cui si presentasse in un quartiere nero di New York rischierebbe di essere insultato dai suoi stessi conoscenti. Priest ha, davvero, preso in giro i fanatici del woke e del politicamente corretto? Gli indizi ci sono tutti.
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