sabato 1 ottobre 2022

Alan Ford n. 640: la recensione

Dopo la storia disastrosa dello scorso numero, Max Bunker ritorna su dei binari di sufficienza in una storiella che non aggiunge molto ad una trama stantia e priva di idee di rilievo. La storia si divide in due parti, la prima delle quali su Superciuk, che abbiamo lasciato mentre precipitava da un aereo in un punto dell'oceano pieno di pescecani. Il caso ha voluto che cadesse sulla loro testa. Con i pesci tramortiti si allontana e viene recuperato da una lancia della polizia cittadina.

Il bagno prolungato gli blocca la sua fiatata alcolica e finisce di nuovo in prigione. Poco dopo il potere gli ritorna e scappa via e si chiude la sua parentesi poco dignitosa. Difficile pensare che questo figuro sia riuscito tanti anni fa a far decollare la serie di Alan Ford. O almeno, è difficile pensarlo oggi ridotto così. Il resto della storia è dedicata agli altri membri del cast. Alan non ha capito che Domitilla lo ha drogato per abusare di lui più volte durante le notti sulla barca nell'oceano.

E Domitilla continua, gli versa del sonnifero nelle bevande e di notte se la spassa con lui avendo cura di pulirlo nelle parti intime per far si che lui non si accorga di cos'è accaduto. Alan Ford un po' più cretino del solito che poco dopo decide di ritornare a New York. Ha intuito che Domitilla gli lancia segnali precisi ma lui è ancora innamorato di Minuette e non se la sente di iniziare una storia nuova. Domitilla non si arrende e lo segue e si stabilisce sostanzialmente a casa sua. 

Il pappagallo Clodoveo non capisce: come mai Alan fa entrare una nuova donna in casa? E Minuette dov'è? Alan non ha il coraggio di raccontare alla intelligente bestiola ciò che gli è successo. Poco dopo arriva anche Numero Uno e insieme a lui guardano una registrazione della sua nuova avventura come interprete del Padrino in una serie tv nella quale ha recitato anche Domitilla. Questa parte della storia è la più tradizionale e Bunker ne profitta per invettive contro la tv. 

Ai disegni ancora Dario Perucca assistito alle chine da Luka Bonardi con un risultato che migliora di storia in storia (non siamo al livello di Magnus, giusto per chiarire). Si sono visti tuttavia pochi sprazzi di quel genio, oggi inaridito, di Bunker. L'editoriale è uno specchio della sua tristezza. Bunker è giù di corda, ricorda i tempi in cui scriveva la serie di Capitan Audax (durata 17 numeri) e di come un tizio di nome Lucio alle chine oggi farebbe faville. Una stilettata a Luka Bonardi?

Nessun riferimento politico, stavolta, tranne il fatto che anche lui ha capito che bisogna aspettare che il conflitto tra Russia ed Ucraina finisca, sviluppo che lo lascia poco fiducioso. Anche lui ha capito che fino a quando i democratici del Deep State saranno alla Casa Bianca, il nazistello di Kiev continuerà ad alzare il gomito facendo si che tra una riga e l'altra il suo popolo seguiterà ad essere massacrato. Buon per lui che oggi Putin ha liberato il Donbass dai nazisti ucraini.

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