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Diabolik: il mistero di Zarcone e l'accordo segreto

Il mistero legato al disegnatore della storia del n. 1 di Diabolik uscita in edicola il 1 novembre 1962 dopo 60 anni, affascina ancora i lettori del re del terrore di Clerville. Si chiamava Angelo Zarcone o meglio A. Zarcone, un tipo che i disegnatori, che in quel momento lavoravano per la Astorina di Angela Giussani, asseriscono di avere conosciuto. Il fatto è che oggi è difficile stabilire quanta verità ci sia nelle parole che sono state dette su questa storia e quanto invece sia il frutto di una ideazione per creare il caso, il mistero per affascinare tanti lettori. 

Gianni Bono ha fatto diverse affermazioni su questo disegnatore, ma nessuna è stata riscontrata da fatti o prove certe della sua esistenza. Il fatto poi che Bono parli non per cognizione diretta, ma per notizie avute da altri alimenta i dubbi, tanto più che Gianni Bono, che in quel 1962 aveva 13 anni, era convinto in origine che l'autore delle tavole del mitico n. 1 fossero opera di Brenno Fiumali (che invece era solo l'autore della copertina). A. Zarcone era noto con il soprannome de Il tedesco, dice. Aveva 30 anni, di carnagione chiara e aveva un figlio.

Quest'ultimo lo aveva avuto dalla relazione con una donna di origine tedesca, da cui il suo soprannome Il tedesco. All'epoca viveva in una pensione e non era proprio veloce. Consegnava le tavole sempre in ritardo, tanto che sia Sansoni, editore della Astoria e marito di Angela Giussani, insieme al massone Pier Carpi, gli facevano la posta sotto la pensione per avere i disegni e indurlo ad impegnarsi di più nel lavoro. Zarcone lavorava anche per la Astoria sulla serie Alboromanzo Vamp. Dopo avere consegnato le tavole di Diabolik n. 1 sparì nel mistero.

Da notare che la serie Alboromanzo Vamp aveva la medesima grafica di copertina che avrebbe avuto poi Diabolik. Ciò non deve stupire. Sebbene sposati, Gino Sansoni ed Angela Giussani avevano due case editrici che almeno in quel momento si scambiavano i collaboratori e Zarcone era uno di questi. Gianni Bono riferisce che il nome (anzi, il cognome) Zarcone spuntò fuori solo nel 1992 nel libro Grandi Eroi di Paolo Ferriani e Franco Spiritelli e pensava che questo nome fosse il risultato delle insistenze degli autori del libro verso Luciana Giussani.

Costei si sarebbe inventata un nome per fare contenti i due scrittori e dare un nome ed un cognome al disegnatore di Diabolik n. 1. Mario Gomboli, l'attuale proprietario della casa editrice, arrivò in Astorina nel 1967 e di Zarcone non poteva sapere niente. Nel 2005 G. Bono chiese a Brenno Fiumali di fargli un ritratto di Zarcone. Questi sono i fatti o meglio le notizie che si conoscono e sulla cui veridicità non esistono certezze. L'idea che il tutto sia stato ideato dalle Giussani e poi spacciato per vero per creare un interesse non è da escludere.

Tuttavia, nel 1982, in occasione del ventennale della serie, le Giussani incaricarono il noto investigatore Tom Ponzi di trovare Zarcone. Nel 2019 la Astorina ha perfino realizzato un docu-film fornendo una versione fantasiosa di chi era e che destino aveva avuto Zarcone. Ora cerchiamo di capire come stanno le cose. Alcune considerazioni poi si rendono necessarie. Zarcone è esistito davvero o è stato inventato dalle Giussani? Diciamo che si, è esistito davvero ma è probabile che non si chiamasse così. Questo nome è spuntato fuori solo nel 1992.

E' stato fornito, come detto da Bono, da Luciana Giussani agli autori del libro Grandi Eroi. Un nome di comodo dato che la Giussani non voleva rivelare il vero nome di tale disegnatore? Se si, perché tanto mistero? Se Zarcone nel 1962 aveva 30 anni o giù di lì oggi dovrebbe avere più di 90 anni, ma è probabile che tra le Giussani e A. Zarcone qualcosa si avvenuto. Proviamo a ricostruire ciò che potrebbe essere successo. Diabolik diventa un successo e un bel giorno un signore di carnagione chiara si presenta dalle Giussani. Desidera la sua parte.

Le Giussani potrebbero averlo pagato e concluso un accordo con lui che potrebbe essere stato di questo tenore: noi ti paghiamo la cifra che chiedi, ma in cambio sparirai e non dovrai dire a nessuno che sei il disegnatore del n. 1 di Diabolik. Dovrai inoltre rinunciare ad ogni tipo di diritto e pretesa sulle tavole e girerai tutto a noi, se no riveleremo tutto di te. E' possibile che le cose siano andate in questo modo? Non lo escluderei ed a sostegno di tale ricostruzione militano una serie di fatti. In primis, Zarcone veniva pagato in nero, come altri disegnatori.

In secundis, aveva molto da nascondere. Alla pensione dove abitava a Milano non aveva dato il suo vero nome e qui viene da chiedersi: che bisogno c'è di dare un nome falso a una pensione se non hai qualcosa da nascondere? E' possibile quindi che questo Zarcone fosse un poco di buono, un criminale, magari piccolo ma pur sempre un criminale in quella Milano famelica dei primi anni '60 dove giravano tanti soldi e le persone disposte a tutto per avere la loro parte non mancavano. Il buon amico di Sansoni, Pier Carpi, era un massone legato alla P2.

Carpi era il segretario del capo di quella loggia criminale, Licio Gelli. E' probabile che anche questo Zarcone fosse un massone e come altri immischiato in faccende poco pulite, come, del resto, altri che hanno avuto rapporti più o meno diretti con la P2. E visto che i freni della fantasia sono andati, proviamo ora ad ipotizzare a questo punto che anche le Giussani fossero legate a qualche loggia massonica, entità che a Milano ancora oggi è potentissima. Erano tutti dello stesso giro e qualcuno, come Angelo Zarcone, immischiato in molti affari loschi?

Altrimenti che motivo c'era di fare tanti misteri? Delle due l'una: o la storia di Zarcone è stata una ideazione di Luciana Giussani e questo spiegherebbe molte cose o questo Zarcone era un poco di buono che nascondeva la sua identità a tutti, era legato a gente come Pier Carpi, segretario di Licio Gelli (capo di una organizzazione criminale come la P2) e che forse aveva un motivo rilevante di sparire in quel novembre 1962. Potrebbe essere stato ucciso e il suo corpo fatto sparire, tutto è possibile e nulla può essere escluso in un contesto così segreto.