Passa ai contenuti principali

GL Bonelli molto poco Audace e la fuga in Svizzera

Il 25 aprile è il giorno in cui i partiti di sinistra anziché unire dividono le persone tra i buoni, che sarebbero loro (ovviamente) e i cattivi, che sarebbero tutti quelli con idee diverse da loro. Non essere di sinistra per questi fenomeni equivale ad essere fascisti e anche nel campo del fumetto è così. In casa Bonelli sono tutti antifascisti? Boh, chissà cosa pensano davvero scrittori e disegnatori. Con questo non si vuole dire che nella casa editrice milanese vi sono fascisti. Magari hanno altre idee non di sinistra, ma guai a dirlo ad alta voce o sui social network.

Ne ho parlato giusto qui, spiegando che se un fumettista prendesse posizione contro la linea politica a cui ha aderito la casa editrice, una linea di adesione all'establishment liberista, avrebbe serie difficoltà a continuare a lavorare nel settore. Le cose però erano diverse quando la Bonelli iniziò a muovere i primi passi dopo la sua ideazione. Era il 1941 e Giovanni Luigi Bonelli, d'ora in avanti G.L. Bonelli, rilevò dalla casa editrice Idea di Traini la testata detta Audace facendola operare come casa editrice autonoma ed in cui continuò a scrivere fumetti. 

Lo faceva dal 1935 quando aveva preso a scrivere racconti per vari editori come Sonzogno e Lotario Vecchi proprio sull'Audace, la quale era stata fondata nel 1934. Un settimanale con 16 pagine di piccolo formato che costava 30 centesimi, poi scese a 8 ma di grosso formato al prezzo di 20 centesimi di lire. Eh, si, i fumetti erano costosi anche all'epoca! Le cose all'inizio andavano maluccio per l'Audace. Vecchi si rese conto che il pubblico chiedeva fumetti (come dimostrava il buon successo della collana L'Avventuroso della Nerbini). E così si adeguò.

Con il n. 60 del 23 febbraio 1935 L'Audace iniziò a proporre fumetti di importazione Usa. Il governo fascista non poneva soverchi problemi né i rapporti tra Roma/Washington erano critici. Anzi, Mussolini era apprezzato in Usa per la sua politica liberista e a favore della finanza. Una politica che, al di là del contesto autoritario, era uguale a quella che oggi si pratica in UE! Non vi scandalizzate: oggi in Italia il popolo conta zero come allora. Gli italiani votano ma poi i partiti fanno quello che gli ordinano i mammasantissima della finanza mondiale.

I problemi Mussolini li ebbe quando iniziò a stringere rapporti con la Germania di Hitler, che pure in Usa era molto ben vista, almeno fino a quando i tedeschi iniziarono a sganciarsi dalla influenza di chi fino ad allora li aveva sostenuti con massicci finanziamenti bancari. Torniamo a G.L. Bonelli. Nonostante i cambiamenti le vendite dell'Audace non migliorarono molto e così Vecchi cedette la testata a Mondadori nel 1939, che la tenne per circa sei mesi dal n. 262 al n. 297. Vecchi se la riprese di nuovo dal n. 298 resistendo tenacemente fino al n. 324. 

Verso la fine del 1940 l'Audace passò alla casa editrice Idea di un tale di nome Dante Traini dal n. 325 al n. 330. Bonelli la rilevò e dopo due settimane di stop, riprese con il n. 331 il 18 gennaio 1941. Fu quello il primo atto di esistenza autonoma della Bonelli casa editrice in pieno regime fascista. Bonelli era fascista? Forse, ma allora il fascismo più che una ideologia, era regime. Non essere fascista significava essere contro il sistema di potere che dominava il Paese (come se oggi uno fosse contro i migranti, i vaccini e altro della narrazione dominante).

Con Bonelli alla guida, l'Audace cambiò ancora e inizierà ad ospitare storie complete, tra cui il forzuto Furio Almirante (dal cognome della famosa famiglia di attori dell'epoca, di cui faceva parte anche Giorgio Almirante, futuro segretario del MSI) su disegni di Carlo Cossio. Ma le vicende storiche volsero al peggio e dal giugno 1940 l'Italia era in guerra al fianco della Germania contro Francia e Gran Bretagna e G.L. Bonelli che non voleva andare al fronte evitò l'arruolamento in modo da continuare ad occuparsi delle pubblicazioni della rivista Audace.

Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 con gli Usa, si delineò altro problema grave: i tedeschi entrarono nella Penisola dai passi alpini e nel giro di due settimane 16 divisioni tedesche presidiavano da nord a sud il Paese, tranne la Sicilia che era occupata dagli americani. Il re Vittorio Emanuele III era fuggito insieme al nuovo capo del governo, il massone Pietro Badoglio e mentre Roma veniva occupata l'esercito lasciato senza ordini si dissolse, tra quelli che furono imprigionati ed altri che scapparono dalle caserme per tornare verso casa. 

Fu una delle pagine più vergognose della storia italiana e da allora la penisola divenne terreno di scontro tra anglo-americani in avanzata e tedeschi che dovevano impedirglielo per proteggere la Germania dal confine sud. L'evento fu però un altro, ben più importante. Per ordine di Hitler, Mussolini che era tenuto prigioniero sul Gran Sasso, venne liberato e posto a capo di uno stato con il nome di Repubblica Sociale Italiana che continuava il regime interrotto con la fine del governo di Mussolini pochi mesi prima. Il nuovo Stato fascista cercava soldati.

A differenza del regno del sud, che non ebbe mai esercito e istituzioni sul campo, la Repubblica Sociale riuscì ad arruolare 800.000 uomini e ad organizzare una marina e una aviazione. L'ordine e la cosa pubblica erano controllate dal nuovo governo che ebbe una sede (provvisoria) a Salò. Bonelli non poteva più evitare l'arruolamento e così scappò in Svizzera, mentre la moglie e il giovane figlio Sergio dovettero lasciare Milano a causa dei bombardamenti Usa e trovare rifugio in Liguria. La attività editoriale si fermò per riprendere solo verso la fine del 1945.

G.L. Bonelli tornò in quel periodo e si presentò alla famiglia con una amante che si era trovato in Svizzera. Si separò pertanto dalla moglie Tea, che intanto aveva rimesso in moto la casa editrice divenendone la padrona assoluta e assunse lo stesso Bonelli come collaboratore. Il tempo di dare giudizi sulla condotta di Bonelli sarebbe sprecato. Ogni essere umano compie delle scelte. Parlare di tradimento verso il suo Paese e la sua famiglia forse non sarebbe corretto, almeno nel primo caso. Quale Paese poi? Il regno d'Italia non esisteva più da tempo.

Era fascista? Se si avrebbe dovuto arruolarsi per Mussolini invece di fuggire in Svizzera. Poiché anche prima aveva evitato l'arruolamento, è più facile pensare che non volesse affrontare certi rischi o lasciarci le penne da qualche parte in Africa oppure in Russia o dopo il 1943 sul fronte interno. In quel caso, non avremmo avuto Tex, che generò traendo ispirazione dai fumetti americani nel settembre 1948 e con i disegni di Aurelio Galleppini alias Galep. Bonelli amava scrivere dei suoi personaggi e così continuò a fare anche negli anni successivi.